CAVE-A

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STORIE DI UOMINI E PIETRE

Idea Progetto

Foto di Elia Lombardo

Dossier

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Premessa

Erano duemila nel 1980, trentamila nel 1996, sessantamila nel 2000. Attualmente, stando al registro dei residenti ufficiali, sono oltre duecentomila i cinesi in Italia, illegali esclusi.

In provincia di Cuneo, nei comuni di Barge e Bagnolo Piemonte, su una popolazione complessiva di 12.700 abitanti, hanno superato il migliaio. Provengono, come gran parte dei Cinesi emigrati dalla Repubblica popolare, dalla provincia dello Zhejiang.

Il primo arrivo è del ’94 – ma sulla data non c’è certezza – seguito dagli altri richiamati con il passaparola. Lavorano nelle cave, estraggono pietra, attività che molti svolgevano in patria.

Barge e Bagnolo, assieme alla vicina Luserna, costituiscono un distretto minerario importante. Le cave di quarzite gialla e di grigio gneiss lamellare, usato per i tetti e i marciapiedi di Torino e Parigi, sfruttate da secoli, attualmente hanno una dimensione industriale. Negli anni Novanta l’arrivo degli scalpellini cinesi permise ai proprietari di reperire mano d’opera per un mestiere che gli italiani non volevano più fare. I Cinesi, da parte loro, hanno investito in questo duro lavoro per il riscatto dei figli. Lavoro, lavoro, con ogni tempo, neve o pioggia… ciò nonostante nessun cinese si è particolarmente arricchito e quei pochi che hanno acquisito la proprietà dei magazzini sono diventati terzisti per conto dei cavatori italiani.

Qualcuno non ha resistito. Messi da parte due soldi ha abbandonato le cave per darsi al tessile, andando a cercare fortuna a Torino o Milano.

A scuola i bambini cinesi sono bravi, soprattutto le femmine, ma quando arrivano all’età delle superiori bisogna decidere se continuare a studiare. Talvolta i genitori sono contrari, vorrebbero che i figli cominciassero subito a guadagnare. Tra la nuova generazione cinese di Barge e Bagnolo oggi ci sono qualche diplomato e i primi laureati; un ragazzo cinese che lavorava come mediatore culturale in una cooperativa solidale, ha rinunciato per aprire un bar…

Così come è sempre stato per le comunità di emigrati, anche per la popolazione cinese di Barge e Bagnolo, il futuro si giocherà con le nuove generazioni. E se per i padri e le madri l’obiettivo non è stato l’integrazione ma mantenersi saldi all’interno della propria comunità alloglotta capace di svolgere un’attività protettiva e di rappresentanza, l’integrazione, se non addirittura l’assimilazione alla comunità ospitante, sarà per le ragazze e i ragazzi più giovani, magari già nati in Italia, un processo ineluttabile. Le identità si sa non sono immutabili, anzi.

Così, il contatto dei figli dei Cinesi con i figli degli italiani è destinato a trasformare gli uni e gli altri. I Cinesi non saranno più veramente cinesi; gli italiani non diventeranno cinesi ma potranno vivere nuove esperienze interculturali e questo processo di identità in divenire è quanto mai interessante.

Una perdita di memoria

L’assimilazione dei giovani cinesi non è un processo lineare, perché gli adulti emigrati conservano gelosamente l’uso della lingua e i cibi tradizionali, come legame con le proprie origini, ma inevitabilmente nell’arco di qualche generazione i più giovani faranno propria la memoria dei luoghi in cui il destino di emigrazione dei famigliari li ha portati a vivere (memorie storico-antropologiche, memorie di emigrazione e di mestieri come l’estrazione della pietra, memorie partigiane, oggi già ampiamente documentate con interviste, tesi di laurea, saggi, materiali video).

Questo potrà tuttavia rappresentare una perdita: la perdita delle memorie dei luoghi d’origine in Cina, per altro di una zona caratterizzata come il distretto delle cave di Barge, Bagnolo e Luserna dal lavoro degli scalpellini e dall’estrazione della pietra. Quali e quante narrazioni di antenati, di paesaggi, di relazioni sociali, quali e quante storie di vite e di saperi della “lontana” Cina cadranno nell’oblio, per il venire meno di individui capaci di trasmetterle e fors’anche per il disinteresse verso i luoghi d’origine che il processo di assimilazione porta con sé?

Questa perdita ricadrebbe anche sulla comunità italiana, privandola della possibilità di confrontarsi con la narrazione di altri luoghi e di altre tradizioni. Quindi un incontro culturale mancato…

Memorie a confronto

Affinché ciò non avvenga è necessario dare occasioni di integrazione fra le memorie: quella del distretto della pietra delle Alpi Cozie con le memorie dei luoghi di origine dei Cinesi che qui sono emigrati.

Il primo passo è una campagna di raccolta di video-interviste, storie, lettere, diari, narrazioni da realizzarsi in Cina in collaborazione con mediatori culturali e il sostegno delle istituzioni del territorio, allo scopo di realizzare un archivio, che potrebbe consentire ai giovani cinesi più o meno integrati, più o meno assimilati, di non perdere importanti tasselli della loro storia e di quella dei loro antenati.

Il secondo passo consiste nella creazione di momenti di narrazione (teatrale, video, musicale ecc.) che consentano a tutti di apprezzare il patrimonio culturale di due tradizioni molto diverse, che l’emigrazione ha messo in contatto. Il loro incontro suggerisce un confronto arricchente e pieno di fascino, che darà modo di sviluppare nel futuro una narrazione condivisa del territorio bargese.

La terza fase trova nello spazio della cava abbandonata un palco particolarmente adatto per la rappresentazione delle “Memorie di pietra” per il suo essere una sorta di legame ideale che riunisce il saper fare, che è anche essere, di entrambe le comunità.

Ostana, 27 luglio 2021

Premontato

CHI SONO

Amo sentire raccontare le storie. Per questo motivo sono diventato documentarista e sceneggiatore di film lungometraggi. Qualcuno ricorderà "Il vento fa il suo giro" candidato al Premio David di Donatello per la migliore sceneggiatura e "Un giorno devi andare", regia di Giorgio Diritti. Collaboro con Aranciafilm, Graffitidoc e Nefertiti Film per lo sviluppo di progetti, soggetti, sceneggiature e regie. Ho co-fondato "L'Aura", scuola di cinema di Ostana, nel villaggio di fronte al Monviso in cui vivo. Coltivo l’orto a 1350 metri di quota; raccolgo cavoli, zucchine, porri, insalata, bietole, carote. Zucchine, soprattutto.

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