La fucina delle forme

La fucina delle forme
Un film per Giovanni Tamburelli, Artista, e le sue Creature
Regia di Fredo Valla con Silvia Papa e Yalmar Destefanis
Previsione di durata: 50min
Premessa
Vermi, insetti, molluschi, pesci, rettili, uccelli, vacche, aringhe, gufi, sardine… soli, lune, sono, così come l’uomo, stati creati da Dio?
Giovanni Tamburelli, il demiurgo, l’artista, taglia corto. Elude la domanda, facendosi egli stesso Artefice di un proprio Universo, simulacro di quell’altro, che nasce e che muore, che vive e respira. Un universo immobile, ben più allegro, e dai colori vividi.
Dunque, colori di vita.
Fuoco, aria, acqua, terra (ferro, quindi minerale, quindi roccia e terra), sono gli elementi del Tamburelli demiurgo, creatore e alchimista, della sua personale officina di trasmutazione di elementi inerti nell’oro splendente di vita.
Un universo a cui Tamburelli, Piccolo Creatore, così come il Grande Creatore, infonde vita con la luce. E che con la luce vivifica.
Come raccontare l’artista?
Per frammenti. Per stralci. Per associazioni di pensieri, di luoghi, di immagini; assecondando quella particolare capacità della mente umana di legare fra loro concetti, visioni estremamente (o soltanto apparentemente) distanti, prendendo a modello idee e forme eterne, per conferire ordine e misura al preesistente.
Ecco dunque, nella Creazione di Tamburelli, affiorare cosciente e incosciente, forme, bellezza, antropologia, mitologia, scienze naturali, zoologia, botanica, spiritualità…
Assente (grazie a Dio) quell’attitudine che ahimé pare essere di ogni percorso spirituale verso la trascendenza: di attribuire all’uomo colpe primordiali, che alimentano malinconie, tristezze, sensi di colpa. Che fanno triste e tribolata la vita.
No, il Creato del Tamburelli demiurgo è gioia, esplorazione della fantasia fino ai suoi estremi confini; è Universo libero da guerre, da odi, dal male, da costrizioni, qualunque esse siano.
E’ ispirazione, simulacro di quel mondo altro a cui manca soltanto l’elemento finale del Grande Creatore: l’alito di vita.
Un film per frammenti
I frammenti del film tratteggiano sinotticamente la “storia” dei protagonisti attraverso un simbolico pellegrinaggio alla scoperta del mondo: le sculture, le creature del demiurgo-artista, forme immaginifiche di una creazione bizzarra, che ricorda il mondo “reale” a noi familiare ma lo trasforma nel gioco surrealista della fantasia, percorrono il mondo a noi conosciuto alla ricerca delle proprie origini, di
una relazione con il loro demiurgo-creatore.
Il carattere singolare di queste stravaganti forme dell’immaginazione si manifesta nella relazione con i quattro elementi della natura, fino al quinto frammento, dove l’approdo altrettanto simbolico ad un’arca sospesa dalla forma di balena, animale mitico e forma anch’essa poetica e immaginifica creata dallo stesso Artista-demiurgo, coincide con la fine di un ciclo e l’inizio di una nuova vita.
Giovanni Tamburelli
Catalogo mostre 2025
TAM TAM TAMBURELLI
IL DEMIURGO E LE SUE CREATURE
di Fredo Valla
Metto subito in chiaro: non sono un critico d’arte. Sono un regista, dirigo film; talora, in quanto sceneggiatore, li scrivo. Se un giorno farò un film su Tamburelli artista, un film di finzione o documentario, che sempre cinema è, (di sicuro lo farò – ci sto pensando e prendo appunti) vorrei, al centro, il suo Mondo Creato, il Tamburelli Demiurgo, Creatore: come il greco Efesto, il romano Vulcano, divinità del fuoco, delle fucine, della metallurgia. E come colonna sonora, una sinfonia di suoni: martelli, magli, tenaglie, il fuoco che arde per portare il metallo al calore bianco. Quindi, il martello che batte che batte, tam tam, sull’incudine, e la fucina che risuona di una musica minimalista, con una scansione perfetta, reiterata, alla Johann Sebastian Bach.
Il metallo modellato come creta (Tamburelli, l’ho detto, è un dio). Poi dipinto a colori vivaci. E il ferro che assume forme animali: pesci, uccelli, vacche, gufi, sardine. Non solo, anche simulacri degli astri, sole, luna e stelle. E altre forme del suo immaginifico museo di storia naturale che mescola forme, che le inventa, che le crea dal nulla. Tamburelli, quindi: il Demiurgo, l’’Alchimista, il Piccolo Creatore. E’ vero, il Grande Creatore, quello che si dice sia stato all’origine di Tutto, non usò il ferro, ma il fango, la gleba, per modellare il Primo Uomo. Lui, alle rocce con dentro il metallo non aveva ancora provveduto; ma fece di più, e al suo Primo Uomo infuse la stilla della vita. Dopo milioni, migliaia, di anni, non sappiamo se ciò fu un bene o fu un male, visti i travagli, le fatiche, i sensi di colpa… le gioie (talvolta) che l’uomo si porta appresso, gravato da paure, da un peccato avuto in dote fin dalla nascita, dalla morte che è destino dal giorno in cui nasce, da tristezze e malinconie.
Ma non divaghiamo. Il Creato di Tamburelli non vive, ma ha colori e forme di Vita. Non è triste. E’ allegro. E’ gioia, esplorazione fantastica agli estremi confini. Non respira, ma rimane sempre uguale a se stesso, come realizzazione di un mito, quello della sconfitta della morte. Dell’eterna giovinezza.
Prima di essere regista, nella mia giovinezza sono stato fabbro, allievo di mio padre, maestro del ferro battuto. Di Tam Tam Tamburelli, il Demiurgo, non posso quindi non ammirare, accanto alla creatività, al suo porsi al di fuori di ogni corrente artistica mediatizzata, mangiata e digerita, e di ogni contemporaneità interpretata come un valore, il “mestiere”. Ovvero la sua capacità di creare il proprio Universo (unico) con scarti di ferro. E col fuoco, che genera forme, che alchemicamente trasforma. Con la fiamma, unità dei contrari: principio di distruzione e di creazione. Di essere artefice, Tamburelli, di una trasmutazione dalla materia grezza a forme sensibili.
Ecco, il film su Tam Tam Tamburelli, Demiurgo, e le sue Creature, cosi lo immagino: non imitazione della Creazione reale del Grande Creatore dell’origine dei tempi, ma un nuovo Universo, antico perché capace di evocare antichissimi miti, al contempo fuori dal tempo, dal Tempo reale (scusate l’allitterazione), interprete di un sogno: di fuoco, di tenebre, di luce, di forme, colori. Capace, pur nella costrizione di una materia densa e pesante, di mutare il nostro sguardo, di infondere leggerezza, di trasformare il metallo, freddo e inerte, in oro splendente. Così, in fondo, vorremmo che fossero le nostre vite e l’arte di Tam Tam Tamburelli, Demiurgo, questo ci dice. Che nel sogno, con la creatività, con la forza dell’immaginazione, con la forza creatrice che ogni uomo possiede, è possibile modificare le nostre vite, spesso grigie e banali, e aspirare a una beatitudine interiore, a una coscienza di se e delle cose del Mondo. E pervenire alla sapienza dei filosofi, a quella degli artisti, dei poeti, che non sono artisti e poeti per nulla.